È stata una serata potente quella che Nicolò Govoni mi ha regalato perché a Cremona, nell’Aula Magna, non c’erano solo bellezza, entusiasmo, intelligenza, competenza; soprattutto c’era amore. Lo stesso amore che, nell’avvicinare a fine serata il trentenne, ho percepito nel suo sguardo. Lo stesso amore che ha ammantato di dolcezza e pace inenarrabili il mio cuore.
Ciò che questo ragazzo ha realizzato in sette anni con la sua organizzazione umanitaria «Still I Rise» non ha a che fare solo con i successi raggiunti e nemmeno con le due nomination al Premio Nobel per la pace, ma con la forza che lo muove dentro, la stessa che alberga in ognuno di noi e che ci permette di realizzare il nostro ikigai, termine giapponese che significa: «Ciò che ci spinge ad alzarci la mattina e a lottare».
L’ikigai viene rappresentato come una sorta di mandala dove «ciò che amiamo», «ciò di cui il mondo ha bisogno», «ciò per cui ci pagano» e «ciò che sappiamo far bene» si compenetrano dando vita al nostro sogno in un mix di passione, missione, vocazione, professione.
Sapere che la nostra ragion di vita scaturisce da ciò che amiamo fare è il punto di partenza da meditare nelle profondità silenti del nostro Natale.
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