Wovon träumst Du? Gibt es etwas das Dir besondere Freude bereitet und das Du schon immer tun wolltest? Gelingt es einem Menschen, seine Leidenschaft zu leben, dann springt die Freude förmlich aus seinen Augen, und das Universum bringt in ihm ein Licht zum Leuchten, das auch Glanz in die Augen seiner Mitmenschen trägt.

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DIFFONDERE IL BENE

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Avanti e indietro. Indietro e avanti. La donna non nuota. Il suo è uno strano sfarfallare di mani e gambe a zig zag lungo la piscina comunale. Il suo volto irradia entusiasmo. I movimenti spruzzano gioia. Il fucsia acceso di cuffia e rossetto risaltano sulla pelle ambrata. I grandi occhi scuri spuntano da un ciuffo ribelle di capelli biondi.

Anche Cristina è in acqua e, nuotando a dorso, urta la donna e «Scusa, ti ho fatto male?» le chiede. «Tu fatto niente. Io no capace nuotare. Io provo» risponde felice l'aspirante nuotatrice.

Lo scontro si fa dialogo e Cristina scopre che la compagna di corsia si chiama Samira e che sta coronando il suo più grande desiderio: imparare a nuotare. Viene dal Marocco dove quel sogno le è stato precluso e ora che è in Italia, oltre a frequentare un corso in piscina, si allena da sola prima di andare al lavoro.

Promessa sposa nel suo paese ad un uomo che le faceva ribrezzo, Samira racconta di aver subito, nei 30 anni di matrimonio, numerose violenze. Poi, raggiante, esclama: «Ma io fatto separazione! Io adesso sto bene. Io ora imparare a nuotare».

Nei giorni a seguire Samira confida a Cristina alcuni episodi terribili della sua storia culminati, quattro anni fa, con il suicidio della figlia. Nel parlarne si commuove e trova conforto nell’abbraccio spontaneo della nuova amica; è stato dopo la morte della ragazza che ha trovato il coraggio, racconta, di lasciare il marito perché quell’esistenza disumana, dalla quale la figlia era fuggita in modo tragicamente definitivo, potesse conoscere una diversa liberazione.

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«Come hai fatto a smettere di odiarla?» chiedo a Sonia. «Non è che la odiassi, diciamo che ogni volta che apriva bocca mi faceva imbestialire - risponde sorridendo - D’altronde lo sai come siamo cresciute: Gemma sempre gelosa di me, poi invidiosa, hai presente quante me ne faceva?»

«Ricordo quella volta che abbiamo bruciato scuola e lei ci ha fatto ‘tanare’».

«Esatto. Riversava su di me le sue frustrazioni di figlia maggiore spodestata dal trono per colpa mia».

«Anche con le scorrettezze ereditarie ci ha dato dentro non poco; come hai fatto a perdonarla?»

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“Ci sono due parole che non dovremmo mai pronunciare nella nostra vita di coppia: la prima è la parola colpa” leggo nel prezioso libretto "Sfogliando le margherite nella coppia” della Dott.ssa Elsa Belotti.

Nella relazione a due infatti, spiega la psicologa e pedagoga che di coppie ne ha viste a migliaia, tutto succede con il contributo in ugual misura di entrambi. La maggioranza dei litigi se ne andrebbe se, afferma Elsa, di fronte a un accadimento i due si chiedessero: qual è il mio 50% in questa vicenda?

Perché sfogliare un libro di margherite? Perché i piccoli dettagli quotidiani sono come i fiori più semplici, quelli che non vediamo ma che, pagina dopo pagina, ci possono sostenere e condurre, con leggerezza, ad una profonda riflessione sia come singoli sia come coppia.

Da dove si parte?

Dal chiederci in ogni situazione: cosa ci sta succedendo e perché.

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Anche se non studiamo Psicosintesi, dovremmo farlo anche noi, ogni anno, l’esame di crescita personale per verificare a che punto siamo della nostra evoluzione.

Da piccoli ci hanno controllati per vedere se aumentavamo di peso e altezza, in seguito gli insegnanti hanno verificato la nostra preparazione per promuoverci o meno alla classe successiva ma, per ciò che non era fisico o mentale, siamo stati per lo più lasciati liberi di monitorarci in autonomia. 

Ce l’abbiamo fatta? Ho qualche dubbio.

Sarebbe stato più facile se, a scuola o a casa, ci avessero abituati a interpretare, con il nostro sentire, i fatti quotidiani e a tenere un diario di crescita interiore sul quale annotare le lezioni di vita apprese da esporre in classe o in famiglia a fine anno. 

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«Il bosco è democratico, accetta tutti - dice l’artista di Land Art Fabio Racheli - È sensibile con i sensibili e freddo con i cuori freddi. Ti restituisce ciò che hai dentro e fa da specchio alla tua anima».

Queste parole mi toccano nel profondo mentre, alle pendici del Maniva, ci inoltriamo nel bosco in compagnia di alcuni ragazzi speciali della cooperativa sociale l’Aquilone di Gardone Val Trompia.

In mano abbiamo un rastrello e una pala per completare l’imponente opera che resterà nella conca che l’ha vista nascere.

«Suggerisco loro di guardarsi intorno e di lasciarsi andare - mi racconta l’artista - Trascorriamo ore in assoluto silenzio, la risposta è immediata, la concentrazione massima, il vuoto colmo non lascia spazio alle parole.

Il bosco riconosce gli umili di cuore, i fragili e, come una madre premurosa, li accoglie con carezze e parole gentili. Il mondo degli umani discrimina, la natura abbraccia le anime speciali e fa festa con loro». 

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