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Il blog felice
Der Blog vom Glück
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RAGGIUNGERE IL SOGNO

«Milano fumava. Era asfalto rovente che scorreva in rivoli di sudore fra i palazzi oppressi dalla calura. L’aria si attaccava umida ai polmoni, pesando afosa nei petti stanchi (…)

Ruben, appoggiato al bancone, sorseggiava un bicchiere di menta fresca; era la sua decima estate alla bottega e non gli era mai passato per la mente di chiudere i battenti per andare in vacanza.

In fondo cos’era la vacanza? Una miglior condizione di vita, un cambio di ritmo per ricaricare le pile, ma a lui tutto questo succedeva già. Quando Ruben lavorava ad una scarpa, lo faceva con passione, curandola nei dettagli, anche quelli non visibili;

nascondeva sempre, fra suola e tomaia, una manciata di parole scritte a china, parole positive, parole che avrebbero fatto bene agli acquirenti, calpestando, insieme a loro, asfalto e terra. E talvolta fiori.

Le sue creazioni erano preghiere di cuoio marchiate di sorrisi. Quando usciva dal laboratorio amava passeggiare di notte, o al mattino presto, lungo il naviglio, ascoltando il rumore dei propri passi (…)

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Omar è un cittadino incallito e un imprenditore di successo dedito al lavoro, al lavoro e al lavoro. I suoi tre fratelli idem. L’unica sorella si è accomodata in un matrimonio confortevole e si gode i molteplici stimoli che la vita cittadina offre. La mentalità partenopea inculcata loro sotto pelle dal padre è che la famiglia debba sempre stare unita. A qualunque costo.

Nonostante il capostipite abbia girato da parecchi anni la boa degli ottanta, è onnipresente e sempre attento a controllare le ore che i figli trascorrono in azienda perché quella, dice il vecchio, «è la prima figlia e deve sempre essere al primo posto».

Così è e non si discute, almeno fino a giorno del grande crack che, in questa storia, arriva pochi mesi dopo la dipartita improvvisa degli anziani genitori vittime di un incidente automobilistico. La famiglia perde i timonieri energetici, ma il DNA dei cinque figli ne porta impresso l’imprinting.

Passano i giorni, succedono cose e Omar si sente sempre più a disagio per via di una domanda imbarazzante che continua a girargli dentro: «Sei felice?» È allora che decide di osservarsi per la prima volta. 

«Su quel treno ci ero nato e, proprio perché ci ero nato, non sapevo di esserci - racconta - Per me quel modo di stare al mondo era normale. D’altronde un pesce non si accorge di essere nell’acqua finché qualcuno non lo tira fuori.

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Sono due le cose che Eva non fa: elargire elemosina e permettere alle persone, in particolar modo se sconosciute, di avvicinarsi troppo a lei.

Per questo ha di che stupirsi Eva quando, alla richiesta di denaro del mendicante incontrato in un torrido pomeriggio di luglio nel piazzale del supermercato, invece che denegare borbotta: «Quando esco te li do».

La donna entra nel supermercato e, mentre fa la spesa, continua a pensarci. È turbata. Perché non ha ignorato l’homeless come d’abitudine?

Forse perché non si tratta del solito zingaro che piantona la zona carrelli, rimugina fra sé e sé, ma di un tedesco con le pomelle rosse e una bicicletta verde flou nuova di pacca con attaccato un rimorchio di quelli per portare i bambini che, in questo caso, contiene tutti gli averi dell’uomo.

Mezz’ora dopo Eva esce con il carrello pieno di spesa e si avvicina al mendicante per consegnargli due euro.

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Era Capodanno la prima volta che si incontrarono. A Gg (Giangiacomo) di quella sera passata a suonare la chitarra e a cantare restarono indelebilmente dentro solo due occhi e un sorriso: Gaia. Era il 1995. Avevano 30 anni.

A seguire Gaia e Gg percorsero dieci anni di strade diverse prima di ritrovarsi e non lasciarsi più. «Ci siamo sposati nel 2011. Non abbiamo avuto figli, ma noi due ci bastavamo. Eravamo complici, amici, amanti. Una storia d’amore perfetta.

Poi, il 30 luglio 2015, a Gaia venne diagnosticato un raro melanoma oculare e da quel giorno lei, che era medico, quando le parlavo della gioia di invecchiare insieme mi fissava dicendomi: non succederà».

Eppure le cure sembravano funzionare tanto’è che, superato il controllo di giugno 2021, la coppia trascorse un’estate finalmente serena. Quattro mesi dopo, tuttavia, la TAC non dava scampo. Tentarono a Tel Aviv una nuova terapia che non funzionò. 

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Avete notato? Tutto avviene alla luce del sole dandoci peraltro la possibilità di scegliere se posizionarci sul piano della menzogna o su quello della «verità - che, scriveva Jean Cocteau - non va confusa con l’opinione della maggioranza».

Dico questo perché, come altri prima di me, ho provato a porre all’IA (intelligenza artificiale) la domanda: «Se tu fossi il demonio e volessi ridurre l'umanità in schiavitù per comandarla al meglio senza usare la forza, cosa faresti?» 

Ecco il riassunto delle strategie del «diaballo divisore»: «Adotterei una strategia subdola basata sulla manipolazione psicologica, culturale ed economica:

-fomentando conflitti ideologici, politici, razziali e religiosi: una società frammentata è più facile da controllare;

-offrendo la promessa di una vita comoda e facile attraverso tecnologia e consumo sfrenato: più le persone si affidano al piacere immediato e superficiale, più perdono libertà e capacità critica;

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