Era la sera dell’11 settembre. E Benedetta stava imprecando. In quel momento di scoramento totale ce l’aveva con tutto, persino con il suo nome che sembrava una beffa:
“Come si fa a dare un nome del genere a una che alle benedizioni nemmeno ci crede? - pensava - I miei ci hanno provato a farmi diventare una cattolica credente, ma quel che mi è rimasto è solo il ricordo di Gesù e di sua madre come personaggi storici realmente esistiti».
Benedetta, quel giorno, era crollata e non si dava pace per le ingiustizie che la vita sfornava per lei con implacabile fantasia e che, quell’11 settembre, avevano preso la forma di una tragedia familiare. Donna concreta e razionale, non credeva né ai santi, né ai miracoli, ma solo nelle azioni che ognuno può compiere per migliorare la propria condizione.
Seduta sul letto davanti alla televisione, si era abbandonata allo sconforto, condizione per lei rara. Nella testa un chiodo fisso: il baratro nel quale suo figlio era precipitato.
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