Ho sete, ma non è la stessa sete di quando il cielo non gocciola più la sua acqua preziosa, adesso ho sete della mia linfa, quella che mi scorre dentro, quella che mi fa vivere.
I miei canali urlano prosciugati dal bostrico tipografo che, annidato sotto la mia corteccia, si sta nutrendo del mio sangue, goccia dopo goccia. Ho cercato di annegarlo con la resina, il maledetto, ma non ha funzionato.
Il ladro mi è volato addosso alcune settimane fa ma non mi sono insospettito, ero sano e lui si è sempre occupato dei fratelli in fin di vita aiutando i deboli e i malati a decomporsi e favorendo, con la sua opera, la rigenerazione del bosco.
Dopo la tempesta di Vaia, tuttavia, grazie ai tantissimi alberi abbattuti e al cibo esageratamente abbondante a sua disposizione, mi avevano riferito che fosse diventato un traditore e che non guardasse più in tronco nessuno.