Bianca Brotto

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VARCARE IL PORTALE DELLE NOSTRE RESISTENZE

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Torino. Piazza Castello. Stiamo con amici parlando di visitare un palazzo quando, davanti alla facciata della Chiesa di San Lorenzo, Francesca, puntando il dito sull’imponente portone verde, accenna ad una cupola che vale la pena d’essere vista. È questa fantasia della vita che mi affascina, perché la cupola di San Lorenzo, alta 55 metri e assolutamente meritevole, in realtà non c’entra niente: lì dentro qualcosa di ben più prezioso ci stava aspettando.

Varchiamo il portale e ci ritroviamo sbalzati dall’allegria esuberante della piazza al profondo silenzio che, a lasciarlo entrare, ci conduce in un mondo altro. La prima cappella, con l’altare dedicato all’Addolorata, è l’antica chiesetta (XII sec) di Santa Maria “ad praesepem” che il Duca Emanuele Filiberto di Savoia dedicò a San Lorenzo come ringraziamento per aver vinto i francesi il 10 agosto 1557 a San Quintino (battaglia che restituì ai Savoia Torino e gli altri territori).

A quel tempo Casa Savoia era da oltre cent’anni proprietaria della Sindone e il Duca, per abbreviare il cammino a Carlo Borromeo che aveva fatto voto di andare a piedi in Francia per onorare il Santo Sudario se la peste fosse cessata (cessò nel luglio 1557), portò la Sindone a Torino dove la ostese per la prima volta nell’ottobre del 1578 sull'altare dedicato a San Lorenzo. L'arcivescovo arrivò a piedi da Milano e, fin qui, è storia.

 

Torniamo ai giorni nostri. Per organizzare l’esposizione del Sacro Lenzuolo viene chiesta la collaborazione di alcune guide volontarie ed è qui che spunta Giacomo, il vero motivo per il quale dovevamo entrare in quella chiesa. Lo incontriamo in una sagrestia interna dove c’è una copia su lino della Sindone. 

Non so da quanto tempo Giacomo racconti ai visitatori del Lenzuolo, sta di fatto che ne parla con lo sguardo luccicante e la passione di chi, per la prima volta, può condividere con altri qualcosa di immenso. L’uomo non dice molto dell’impatto personale che quell’enormità ha avuto su di lui, ma il dubbio che sia stato accarezzato dall’Oltre mi riverbera dentro. 

In separata sede glielo chiedo. È così. Mi racconta che, quando gli fu chiesto di far da guida, rifiutò perché troppo timido: «Non potevo, diventavo rosso al solo parlare con qualcuno, ma poi mi dissero: “Non ti preoccupare, se Lui - indicando il telo - vuole, potrai farlo” e allora mi lanciai e la timidezza svaporò. Appena riuscivo - continua - andavo dal Lenzuolo per un minuto… e stavo lì». In quel minuto che ha ancora l’emozione addosso, successe qualcosa che non ci è dato sapere, ma il cui risultato è visibile negli occhi di Giacomo e nella gioia che li anima.

Sulla Sindone si sono spese milioni di parole; per la scienza un cadavere non può emettere luce e calore tali da impressionare una stoffa come una pellicola fotografica, per la logica osservare un telo non può trasformare la vita né di una né di migliaia di persone, nella realtà accadde. E accade.

Giacomo, quell’esplosione luminosa, la vive ogni giorno e anche noi possiamo lasciarla entrare varcando a cuore aperto il portale delle nostre resistenze e dandoci, una buona volta, il permesso di essere felici. Di più. Gioiosi.

  

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Amo la vita, sempre, anche quando non la capisco, anche quando soffro, ancor di più quando esplodo di gioia; trovo sia un’avventura straordinaria che si rinnova ogni giorno, al sorgere del sole.


Suono di rado, ma con amore, il pianoforte e canto mentre guido. Non ho tempo per le frequentazioni sterili, ma non guardo l’orologio quando un amico ha bisogno di me; l’amicizia è un dono meraviglioso e mi ha salvato la vita.

Mi piace leggere, lasciarmi rapire dai notturni di Chopin e riempirmi con un bel film.


Adoro il fuoco, la fiamma viva, il calore che mi trasmette. Amo viaggiare e vivere le emozioni della natura, dell’arte e degli incontri inattesi. Quando posso fuggo all’isola d’Elba dove, nell’incedere lento e potente del mare, mi rigenero.



Non mi annoio mai, trovo che il semplice esistere nel presente sia entusiasmante.

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Guest Sunday, 18 May 2025