Centro di Milano. La piazzetta assolata è attraversata da una strada a senso unico che sparisce dalla mia vista oltre la curva. Due spedizionieri davanti a me sono fermi sulla carreggiata con i loro furgoni. Passano alcuni minuti. Tutto bloccato.
Qualcuno va a vedere cosa succede e torna riferendo di un’ambulanza ferma in mezzo alla strada. Spengo il motore. L’autista del primo furgone ha il vetro abbassato e inizia a suonare il clacson.
“Che senso ha? - mi chiedo - Evidentemente qualcuno sta male”. Ancora colpi di clacson, poi la mano dell’uomo si fissa premuta sul volante generando una sirena sgraziata che, dimentica dell’altrui malessere, dà voce al proprio mal di vivere.
Infine l’autista passa dal grido meccanico alle corde vocali, ululando parolacce contro il personale dell’autolettiga, in un progressivo aumento di oscenità.
La tensione aumenta. L’uomo ha stretti tempi da rispettare per le consegne e non molla l’assalto verbale. Un infermiere lo raggiunge dicendo: «Mi spiace per l’attesa, ma pensi se fosse sua madre che sta male».
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