Ieri mi è caduto addosso il tempo. È successo quando Lara mi ha raccontato la sequela degli appuntamenti quotidiani che la stringono in un’affannosa morsa. Anche i suoi figli sono tempestati di impegni e persino i nonni. L’impressione è che qualcuno li rincorra. Sempre.
Osservo il giorno che nasce con una tazza fumante di tè in mano; i volti delle persone che vorrei incontrare, e alle quali nemmeno riesco a telefonare, mi scorrono innanzi mentre un pensiero inedito sbaraglia tutti gli altri: “Non è vero che non hai tempo, è sempre il tempo di questo momento”.

Mi fermo. Il colore dell’aurora riempie l’aria. “È sempre il tempo di questo momento” mi ripeto mentre sorseggio il tè e mi godo il calore del liquido che mi scalda dentro; la sensazione di questo istante si dilata all’infinito, l’attimo si fonde con l’eternità. Sono qui. Niente passato, niente futuro. Solo respiro, osservazione, respiro.
Che sia un’illusione quella di non avere mai tempo? Non è che quando lo pensiamo lo creiamo perché non siamo nel presente? Ce la giochiamo sulla presenza, quindi, questa passeggiata sulla Terra?
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Stavolta ti alzi e vai in cucina per accendere un cero rosso che ti hanno regalato a Natale e che dovrebbe durare tre giorni.



«Come sai che farai i soldi?» chiese a Marco il fruttivendolo al quale il ragazzino aveva appena illustrato il piano. «A scuola sono il migliore, ho letto quasi tutti i libri della biblioteca e parlo bene l’inglese e il latino» rispose sicuro Marco.


