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Il blog felice
Der Blog vom Glück
The happy blog

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RAGGIUNGERE IL SOGNO

Inviato da il in RAGGIUNGERE IL SOGNO

Ha 18 anni il ragazzo che, in un parcheggio, mi chiede un passaggio. Percorriamo un tratto di strada insieme. Riccardo frequenta la quinta liceo.

Gli chiedo quale sia il suo sogno. «Non ne ho idea - risponde - se trovassi una bacchetta magica, le chiederei di mostrarmi cosa voglio».

«Ci sarà pure qualcosa che ti appassiona, o che ti viene facile senza sforzarti granché» incalzo io. Niente. Tabula rasa. Il tempo insieme è terminato.

Lui scende e il mio pensiero corre a Silvia Scarpellini, una donna incontrata di recente, che si dedica al risveglio dei sogni addormentati.

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Lei è la dimostrazione di come i sogni possano realizzarsi ad ogni età. Non solo.

Lei ci mostra come il giorno del suo e nostro sprofondare nel baratro del dolore, non sia unicamente la fine di qualcosa, ma anche e soprattutto l’inizio di un nuovo viaggio.

Lei si chiama Mariafelicia e la discesa nell’abisso delle sue fragilità, l’ha guidata alla scoperta di uno scrigno colmo di talenti che giaceva smarrito sul fondale oceanico del suo cuore.

Incontro la sua simpatia partenopea sulle Dolomiti e, fra battute e spontanea comicità, percepisco in lei la lucentezza propria di chi ha trovato qualcosa di grande, un sorta di perla preziosa che non ha niente a che vedere con gli incredibili traguardi raggiunti nelle immersioni in apnea,

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La questione non è cosa facciamo, ma come lo facciamo.

Ricordo, in proposito, una colazione che gustai anni fa alla stazione centrale di Milano in un momento di massima concitazione mattutina. Tre file di persone e, dietro il bancone, la Bellezza nel Quotidiano dei due baristi che, immersi nella recita di quella che sembrava una gag comica, si facevano in quattro per servire e scherzare con tutti.

Fra una spremuta per la «bella rossa» e un caffè per il «baffo del west», prendeva vita la meraviglia di chi lavora con passione regalando ad ogni sguardo un’attenzione dedicata o una battuta come «Sarebbe il colmo se lei perdesse il rapido a causa di quest’espresso», o «Signora, che differenza c’è tra un caffè e un uomo? Direi nessuna visto che entrambi la rendono nervosa».

Se in questo momento fossimo tentati di giustificare con la mancanza di tempo il nostro essere persone seriose che lavorano a testa bassa, dovremmo andare in quel bar all’ora di punta e sperimentare come qualsiasi momento sia perfetto per lasciare che a cantare la vita, sia il nostro cuore.

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I BRONTOLO, PISOLO E BIANCANEVE CHE VIVONO IN NOI

È più forte di loro, non lo fanno apposta. Sono uomini e donne che si svegliano e sono già di cattivo umore.

Qualsiasi persona incontrino, incarna l’immediato bersaglio contro il quale scagliare il profondo malcontento che li abita.

Si comportano come i teen-ager ben rappresentati dall’adolescente ‘Menabotte’, un personaggio di “Asterix e i Normanni” che viene mandato nel villaggio degli irriducibili galli per diventare uomo.

Menabotte, come ogni adolescente, è dotato fin dal primo mattino di due armi: il “fa tutto schifo” che gli permette di manifestare il disagio del proprio corpo che muta, e il “quel che dici è sbagliato” necessario per contrastare l’adulto e crearsi una propria identità. Fin qui il processo rientra nella normalità.

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SE LE ASPETTATIVE NON SONO DESIDERI MA CATENE

Me lo ricordo benissimo, quel giorno, perché ero in ospedale a fianco di mia figlia nata da poche ore. In camera con me una primipara con il suo piccolo Matteo.

Era l’ora delle visite e i due bebè dormivano beatamente quando la stanza, con l’arrivo dei nonni paterni e del padre di Matteo, si riempì di chiacchiere e regali.

Quando il piccolo si svegliò, la madre lo prese in braccio dicendo: «Nonni, vi presento Matteo». La risposta dell’anziano patriarca in doppio petto blu, mi lasciò senza parole, ma non senza pensieri.

Disse: «Benarrivato Matteo, anzi, ingegner Matteo» aggiungendo che, in una famiglia di ingegneri, era il traguardo minimo che ci si potesse aspettare. La madre del piccolo abbassò lo sguardo velato di tristezza e, mentre marito e suocera tacevano rassegnati, il nonno, impettito, sorrideva soddisfatto a tutto campo.


Io osservavo la culla del più giovane ingegnere che avessi mai conosciuto e mi immaginavo cosa sarebbe successo se anche lui, come Lorenzo, avesse disatteso i diktat familiari.

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