Bianca Brotto
Diffondiamo Bellezza
SEMI CHE DEVIANO IL CAMMINO
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«Sono nei pressi di Logroño, in Spagna, quando vedo un tipo sotto il diluvio che cammina verso il nulla. Mi chiedo chi sia, mi dicono “un pellegrino".
È il 2000, ho 27 anni, non conosco il Cammino di Santiago - racconta Luigi Gatti - e trovo assurdo che qualcuno si faccia 800 km sotto l’acqua e sotto il sole buttando via un mese di vacanza.
Quando l’uomo mi passa accanto, tuttavia, i suoi occhi mi colpiscono: è felice. Io che sono con i miei amici a sbaraccare forse non lo sono così tanto. Perché?».
Sette anni dopo Luigi parte con il suo zaino carico di domande e «nello stesso tratto del cammino in cui avevo visto il pellegrino incontro una ragazza giapponese: Aki.
Tutto di lei mi affascina: il modo di tagliare le verdure, come si muove, gli scarabocchi che scrive nella sua lingua. Quando le domando qualcosa sembra che rediga una brutta copia dei pensieri prima di rispondere. Mi chiede perché mi chiami Luigi, rispondo: "Non lo so"».
Aki spiega che in Giappone, per decidere un nome, i genitori studiano per mesi. Una volta trovato il suono che piace, decidono con quali ideogrammi crearlo in base al significato che dovrà comunicare.
Scritto in quel modo Aki è “principessa d’Asia”, ma basta cambiare gli ideogrammi di A e di Ki per ottenere significati completamente diversi a parità di suono.
«Una sera propongo ad Aki di accompagnarmi lungo lo Shikoku, il cammino giapponese degli 88 templi, ma lei denega perché al ritorno dovrà rientrare nelle regole richieste dalla sua società.
All’indomani di lei trovo solo un origami a forma di gru con alcuni ideogrammi misteriosi; scoprirò in seguito che i nipponici non amano gli addii».
Luigi inizia a studiare la lingua di Aki fatta da simboli grafici che rappresentano concetti e se ne appassiona.
Parte anche per lo Shikoku ed è davanti a un tempio che, mentre osserva un monaco timbrargli il quaderno e scrivere con il pennello in stile d’erba alcuni Sutra, una frase gli si compone dentro: “Il miglior modo di continuare a sognare è camminare”.
Passo dopo passo succede; i sogni si liberano dalle catene dei limiti che si era autoimposto e il suo diario prende la forma di un viaggio dentro il viaggio e poi di un libro: “Il cammino del Giappone (Mursia)”.
Non è tutto: risponde anche all’annuncio di un’azienda di Kyoto che cerca un ingegnere esperto in laser che parli bene l’inglese.
Luigi non ha alcuna delle caratteristiche richieste ma si presenta e ottiene il posto vivendo così, in prima persona, una cultura che esige infiniti cerimoniali, regole inflessibili e maschere quotidiane perché non sia il proprio sentire a trasparire, ma quanto la comunità, che viene prima dell’individuo, richiede.
Gatti, oggi, risiede nel bergamasco, insegna l’approccio alla lingua e alla cultura giapponese, affascina con gli ideogrammi i viaggiatori e i pellegrini che accompagna nella terra dei samurai e lungo tratti dello Shikoku con “La grande via” e, soprattutto, onora l’esistenza come tutti coloro che fanno di una passione una professione.
In quanto ad Aki, non l’ha più incontrata ma ha ancora il suo origami perché, come sempre accade quando una persona sparisce dalla nostra vista, il seme piantato resta in noi, a raccontarci di lei.
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