Quando vivo di persona un’esperienza bella e utile, desidero condividerla con tutti, nel totale rispetto del personale, perfetto percorso di vita di ognuno... perché la felicità è il nostro primo dovere.

Diffondiamo Bellezza

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biancabrotto

biancabrotto

Amo la vita, sempre, anche quando non la capisco, anche quando soffro, ancor di più quando esplodo di gioia; trovo sia un’avventura straordinaria che si rinnova ogni giorno, al sorgere del sole.


Suono di rado, ma con amore, il pianoforte e canto mentre guido. Non ho tempo per le frequentazioni sterili, ma non guardo l’orologio quando un amico ha bisogno di me; l’amicizia è un dono meraviglioso e mi ha salvato la vita.

Mi piace leggere, lasciarmi rapire dai notturni di Chopin e riempirmi con un bel film.


Adoro il fuoco, la fiamma viva, il calore che mi trasmette. Amo viaggiare e vivere le emozioni della natura, dell’arte e degli incontri inattesi. Quando posso fuggo all’isola d’Elba dove, nell’incedere lento e potente del mare, mi rigenero.



Non mi annoio mai, trovo che il semplice esistere nel presente sia entusiasmante.


 

 Ti leggo l'articolo

Forse se lo sentiva, Luigi Lucchi, che non ci sarebbe arrivato a questo Natale per lui un po’ triste. Sarebbe stato infatti, dopo 15 anni, il primo da ex Sindaco di Berceto.

Niente consueta Ordinanza natalizia: «Guardate tutto il Bello che c’è nelle persone! Riempite di gioia tutti quelli che incontrate».

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Inviato da il in VIVERE CON PASSIONE

Ci sono parole che si scrivono senza sapere il perché. Semplicemente arrivano. È quanto è successo a Paola Brighenti che, una mattina, si è svegliata con l’impulso di riscrivere in chiave moderna alcune pagine del Vangelo. Per i dieci giorni successivi la scrittrice si è ritrovata immersa nella sua e nostra «spesso inconsapevole ricerca di infinito, umano, insopprimibile bisogno di amore». 

D’altronde, scrive nel suo libro “Dalla Parola alle parole” (Arpeggio Libero Ed.), «anche se i contesti sono così differenti, non sono mutate le esigenze spirituali» e oggi come allora l’essere umano, senza amore, non è niente.

Ecco allora che Paola, nel suo immedesimarsi in «quell’io che era l’interlocutore al quale Dio si rivolgeva» ci fa sentire come il pastore che adora Gesù bambino, Bartimeo il cieco, Zaccheo il peccatore, Maria di Magdala, Tommaso o, nel racconto «Invisibile presenza», i discepoli di Emmaus. È quest’ultima la storia di due fratelli che perdono il padre all’improvviso. 

«Incrociarono lo sguardo. Per un attimo. E negli occhi smarriti Francesco e Giorgio riconobbero lo stesso acuto dolore, la stessa angosciosa domanda: E adesso? Poi ci furono gli abbracci, le strette di mano dei parenti, degli amici, del personale della ditta. Gesti automatici, perfino sorrisi, tutto compiuto come in sogno, in una recita dal copione già scritto».

Nello svolgersi degli eventi che seguono i due ragazzi, come i discepoli di Emmaus, imparano a riconoscere la figura viva del padre comprendendo di averlo cercato nel modo sbagliato; «Lui non era fuori», ma presenza invisibile dentro di loro. «Toccava a loro renderla visibile».

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Era iscritto all’I.T.I.S Castelli l’adolescente dai capelli lunghi un metro, ma disertava quasi sempre l’aula per girovagare in città. Non aveva vizi né dipendenze fatta eccezione per l’indomita urgenza di respirare il cielo. Era un bisogno sconfinato, il suo, che le pareti scolastiche non riuscivano a contenere.

Alla seconda bocciatura fu iscritto alla Scuola Bottega e mandato a imparare il mestiere del pasticcere in un laboratorio a pochi metri da casa.

Marco iniziò a frequentare scuola e bottega ma, di lì a poco, riprese a sgambare per la città avendo cura, prima di tornare a casa, di sporcarsi di farina o di marmellata. Il trucco funzionò finché suo padre non lo scoprì e, con un silente e secco pugno in faccia, lo rispedì ai suoi doveri.

Per qualche giorno, sotto il controllo serrato di un’insegnante, Marco filò dritto ma, non appena la profe allentò la stretta, riprese il largo come un pirata che, con il vento in poppa, vive di libertà.

Il ragazzo era così, incontenibile e indomabile, e mi chiedo quale trasformazione alchemica l’abbia portato, oggi, a vivere tutto il giorno (e se deve seguire la lievitazione con pasta madre delle sue creazioni anche tutta notte) fra le pareti del laboratorio della pasticceria di Sarezzo dove la gestazione di una brioche dura tre giorni e di un panettone due. 

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Inviato da il in NUOVI ORIZZONTI

Terry si è rotta il femore. Perfetto.

Siamo infatti qui per godere di ogni istante, in modo particolare nell’autunno del nostro cammino quando, con l’inverno inesorabile alle porte, non possiamo rischiare di morire senza aver vissuto bene.

Come si fa? «Non essere sempre centrati sulla gestione della paura e dell’autodifesa per via degli orrori che il mondo ci scarica addosso - dice Don Rinaldo Bellini - ma spendere talmente bene il nostro tempo, da farci trovare costantemente intenti a vivere e non a sopravvivere così che, quando la morte arriverà, possa non sorprenderci».

L’importante è non peccare, cioè non «mancare il bersaglio» dell’esistenza che, in ultima analisi, è non riuscire a percepire l’amore (da a-mors, assenza di morte) nel quale siamo immersi.

Il nostro tesoro, infatti, è proprio ciò che ci rotola addosso ogni giorno anche quando la paura o la sofferenza non ce lo fanno percepire come tale. 

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Avete notato? Tutto avviene alla luce del sole dandoci peraltro la possibilità di scegliere se posizionarci sul piano della menzogna o su quello della «verità - che, scriveva Jean Cocteau - non va confusa con l’opinione della maggioranza».

Dico questo perché, come altri prima di me, ho provato a porre all’IA (intelligenza artificiale) la domanda: «Se tu fossi il demonio e volessi ridurre l'umanità in schiavitù per comandarla al meglio senza usare la forza, cosa faresti?» 

Ecco il riassunto delle strategie del «diaballo divisore»: «Adotterei una strategia subdola basata sulla manipolazione psicologica, culturale ed economica:

-fomentando conflitti ideologici, politici, razziali e religiosi: una società frammentata è più facile da controllare;

-offrendo la promessa di una vita comoda e facile attraverso tecnologia e consumo sfrenato: più le persone si affidano al piacere immediato e superficiale, più perdono libertà e capacità critica;

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Inviato da il in NUOVI ORIZZONTI

In questo giorno dedicato alla commemorazione di coloro che sono già partiti per il «grande viaggio» e che immagino felici al sole su una meravigliosa isola in attesa che li raggiungiamo, le parole di Rudolf Steiner inondano il mio e nostro cuore aiutandoci a comprendere la natura del traguardo che tutti ci attende.

«Vista dal mondo fisico - afferma Steiner - la morte ha certamente molti aspetti dolorosi» perché la vediamo solo da un lato. «Quando però si è morti, la si vede dall'altro lato. Lì essa è l'evento più gratificante, più completo che si possa vivere, perché lì essa è una realtà vivente.

Ciò che conta è che noi impariamo a percepire che colui che è passato attraverso la soglia della morte, ha soltanto assunto un'altra forma di vita.

E dopo la morte si trova, per il nostro sentire, come uno che, per i casi della vita, abbia dovuto recarsi in un paese lontano nel quale noi potremo raggiungerlo solo più tardi. Cosicché noi non abbiamo altro da sopportare che un tempo di separazione.

Ma questo deve venir percepito vivamente attraverso la scienza dello spirito».

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Il concerto sta per iniziare. Titolo: Tutte le sfumature della tristezza. Lei, Paola Volpi (violino) ha 18 anni, la stessa età delle centinaia di ragazzi che riempiono l’Auditorium dell’Istituto Battisti di Salò.

Lui, Matteo Perlin (pianoforte), ne ha 21. Paola a giugno conseguirà il diploma al liceo e un mese dopo la laurea al conservatorio. Matteo quest’anno si laureerà in pianoforte e nel suo sogno: direzione d’orchestra.

Sul palco a presentarli c’è il presidente dell’Associazione ‘Amici della Musica’ Bruno Marelli che, con il programma in mano che prevede pezzi di Brahms, Bruni e Falloni, si chiede: “La musica è ottima, ma i ragazzi sapranno apprezzarla? C’è una distanza abissale tra le vette di creatività e virtuosismo che stanno per ascoltare e le loro canzoni abituali. Devo prepararli”.

Bruno inforca il microfono: «Ragazzi, per voi questa è un'occasione per ascoltare qualcosa di straordinario, oltre che per saltare due ore di scuola». Applauso. «Per quanti quello di stamattina, quest’anno, è il primo concerto di musica classica?» Forte brusio e mani quasi tutte alzate. 

«Non c’è alcun giudizio - precisa Bruno - va bene che ognuno segua le proprie passioni, come del resto i vostri coetanei che suoneranno tra poco. Oggi vi farete un’idea di cosa sia la musica classica. Vi suggerisco di non pensare alle note, ma di sentire l’effetto che producono in voi. Mettetevi comodi, se credete chiudete gli occhi. Soprattutto ascoltate voi stessi».

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Poi succede che, nell’autunno della vita, abbiamo la stessa voglia di sperimentare il mondo perché dentro, noi, siamo sempre lo stesso eterno Sè, solo che non lo sappiamo; pensiamo di essere corpo che si deteriora, pensieri che intasano la mente, emozioni accatastate sul cuore e non ci rendiamo conto dell’enormità che siamo.

Adoro come Albert Camus descrive questa condizione quando scrive: “La tragedia della vecchiaia non è che uno è vecchio, ma che uno è giovane. Dentro questo corpo che invecchia c'è un cuore ancora così curioso, così affamato, ancora pieno di desiderio come lo era in gioventù.

Mi siedo vicino alla finestra e guardo il mondo passare sentendomi un estraneo in una terra straniera incapace di relazionarmi con il mondo esterno, mentre dentro di me brucia lo stesso fuoco che una volta pensava di poter conquistare il mondo; e la vera tragedia è che il mondo è ancora così distante e sfuggente, un luogo che non sono mai riuscito a cogliere del tutto”. 

È della tragedia di non cogliere del tutto il senso dell'esistenza che ci racconta l’autunno con il suo mostrarci che lasciar andare il vecchio in ogni situazione è indispensabile affinché il nuovo si manifesti. L’alternativa è continuare a calpestare il suolo cercando di ignorare il soffuso malessere che pensieri stantii ed emozioni macere generano in noi.

Le foglie continueranno comunque a cadere davanti ai nostri occhi.

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Inviato da il in DIFFONDERE IL BENE

Avanti e indietro. Indietro e avanti. La donna non nuota. Il suo è uno strano sfarfallare di mani e gambe a zig zag lungo la piscina comunale. Il suo volto irradia entusiasmo. I movimenti spruzzano gioia. Il fucsia acceso di cuffia e rossetto risaltano sulla pelle ambrata. I grandi occhi scuri spuntano da un ciuffo ribelle di capelli biondi.

Anche Cristina è in acqua e, nuotando a dorso, urta la donna e «Scusa, ti ho fatto male?» le chiede. «Tu fatto niente. Io no capace nuotare. Io provo» risponde felice l'aspirante nuotatrice.

Lo scontro si fa dialogo e Cristina scopre che la compagna di corsia si chiama Samira e che sta coronando il suo più grande desiderio: imparare a nuotare. Viene dal Marocco dove quel sogno le è stato precluso e ora che è in Italia, oltre a frequentare un corso in piscina, si allena da sola prima di andare al lavoro.

Promessa sposa nel suo paese ad un uomo che le faceva ribrezzo, Samira racconta di aver subito, nei 30 anni di matrimonio, numerose violenze. Poi, raggiante, esclama: «Ma io fatto separazione! Io adesso sto bene. Io ora imparare a nuotare».

Nei giorni a seguire Samira confida a Cristina alcuni episodi terribili della sua storia culminati, quattro anni fa, con il suicidio della figlia. Nel parlarne si commuove e trova conforto nell’abbraccio spontaneo della nuova amica; è stato dopo la morte della ragazza che ha trovato il coraggio, racconta, di lasciare il marito perché quell’esistenza disumana, dalla quale la figlia era fuggita in modo tragicamente definitivo, potesse conoscere una diversa liberazione.

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Inviato da il in DIFFONDERE IL BENE

 

«Come hai fatto a smettere di odiarla?» chiedo a Sonia. «Non è che la odiassi, diciamo che ogni volta che apriva bocca mi faceva imbestialire - risponde sorridendo - D’altronde lo sai come siamo cresciute: Gemma sempre gelosa di me, poi invidiosa, hai presente quante me ne faceva?»

«Ricordo quella volta che abbiamo bruciato scuola e lei ci ha fatto ‘tanare’».

«Esatto. Riversava su di me le sue frustrazioni di figlia maggiore spodestata dal trono per colpa mia».

«Anche con le scorrettezze ereditarie ci ha dato dentro non poco; come hai fatto a perdonarla?»

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Inviato da il in PAROLE BELLE

Era uno di quei giorni d’inizio autunno con il cielo un po’ confuso sul da farsi e il sole luccicoso che giocherellava con le onde della Versilia.

Il ristorante take away costruito in una serra fronte mare iniziava a riempirsi e Loretta era tornata dal bancone delle ordinazioni portandoci tre insalate di mare che ancora raccontavano l’estate.

Le chiacchiere condite di risate spaziavano dai minimi ai massimi sistemi in un apparente caos che, quel giorno, ci portò ad un punto che fece la differenza.

L’antefatto: quando Loretta era andata a ordinare due insalate di mare e un totano, essendo il totano esaurito, aveva ipotizzato di poterlo sostituire con il cous cous «ma vado a verificarlo» aveva detto e, corsa da noi, era tornata dalla ragazza che la stava servendo esclamando: «Niente cous cous ma una terza insalata».

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Inviato da il in NUOVI ORIZZONTI

“Arriva sempre prima o poi il giorno in cui non puoi più far finta di niente. Il mal di vivere ti sta sommergendo. Devi fare qualcosa - racconta Susy Bombana nel suo libro ‘Spirit’ - Mi sento un sacco vuoto dove nemmeno il nulla trova spazio.

Ho 53 anni e sulle spalle porto di tutto”. Per uscire dall’impasse Susy decide di calpestare un tratto del Cammino di Santiago.

Il primo giorno, sovrastata da fatica ed emozioni, si sente male. “Entro in un bar, inizia a girarmi la testa, mi siedo”. La donna perde i sensi e, mentre cercano invano di rianimarla, viene attraversata da una scarica elettrica. È un tuono fortissimo che la porta via.

“Sono entrata in un tunnel, un canale di luce bianca, calda, corposa - racconta - Era una bellissima sensazione. In un attimo ero in un altro luogo. La luce mi stava travolgendo con la dolcezza del suo calore. Leggera come una piuma volavo sulla testa delle persone che in quel momento erano all’interno del locale preoccupate per un corpo riverso a terra”.

Susy sentiva urli, tristezza e parole a lei incomprensibili e avrebbe desiderato dir loro che stava bene, ma dalla bocca non le usciva alcun suono. 

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«Ricordo ancora il suo nome, Nicole - racconta Sean - Stavo facendo un anno di università all’estero e nel mio team c’era una ragazza molto attraente di 21 anni dagli occhi grandi e rotondi».

Come sempre succede in queste circostanze, terminato il lavoro di gruppo, Sean e colleghi scambiavano quattro chiacchiere avendo così modo di conoscersi meglio.

In seguito, continua Sean «Nicole cominciò a sedersi sempre al mio fianco e, anche se cambiavo posto, lei mi raggiungeva. A quanto pare la mia fede al dito non la condizionava affatto».

Ogni volta che Nicole si avvicinava a Sean, lui provava una sensazione mista di dolore e piacere insieme, ma se da un lato l’uomo sentiva la sua coscienza mettersi in allerta, dall’altro «parlare con lei mi appagava - ammette - Nicole aveva un bel modo di fare, era interessante e dannatamente attraente. 

D’altronde non sono un santo e l’essere sposato non ti trasforma d’emblée in un fedele robot.

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È lunedì 19 agosto, un giorno qualsiasi di una settimana qualsiasi. Valeria è appena uscita dal supermercato di Rho quando, avvicinandosi alla macchina, trova sul parabrezza un regalo.

Il primo pensiero è che si tratti di uno sbaglio e io mi chiedo: perché? Non siamo forse creature meravigliose che si meritano tutto il bene del mondo?

Se non ci sentiamo tali facciamoci qualche domanda prima di tornare da Valeria per leggere insieme a lei il biglietto incollato sul pacchetto che recita:

“Ciao, questo libro è per te! Amo leggere, odio buttare i libri e casa mia è piccola, quindi ho deciso di ‘salutarli’ così. Se non lo vuoi, per favore, non buttarlo. Lascialo su una panchina, su un’auto o in metropolitana. Magari qualcuno lo sta aspettando. Buona lettura”. 

Nessuna firma né dettaglio per risalire al mittente. Valeria scarta l’involto e si ritrova fra le mani il romanzo “Una piccola lavanderia a Yeonnam” di Kim Jiyun con, in copertina, la frase: “A volte basta un gesto gentile per ritrovare la felicità”. Esatto!

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Inviato da il in VIVERE CON PASSIONE

Il tempo non esiste più. Succede quando il cuore zittisce la mente e, balzato al comando, agisce. Sono istanti di vita nei quali, in totale assenza di pensiero, sappiamo benissimo cosa fare. È allora che l’immensità umana e divina che siamo si manifesta. Un fatto accaduto alcuni decenni fa ce lo racconta magistralmente.

La barca era in mare a pochi metri dalla bocca del porto piccolo di Siracusa, a bordo c’era il famoso apneista Enzo Maiorca con le due figlie anch’esse detentrici di svariati record di apnea. All’improvviso i tre, uditi strani rumori, notarono un delfino che stava roteando vorticosamente attorno al loro scafo.

Il racconto di Enzo: «Solitamente l’incontro con un delfino suscita nell’uomo un senso di felicità, ma quel giorno l’animale ci infliggeva solo angoscia e paura.

Eravamo in costume da bagno e, calzate maschera, pinne e assicurato un coltello alla gamba, ci tuffammo subito in mare senza nemmeno indossare la nostra pelle da subacquei». 

Il delfino si allontanò verso il largo girandosi di continuo per controllare di essere seguito.

Raggiunto un punto, l’animale diede un ultimo sguardo indietro e si immerse. «Arrivati anche noi sulla sua verticale, vedemmo ad una quindicina di metri di profondità un informe fagotto grigiastro.

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Inviato da il in DIFFONDERE IL BENE

“Ci sono due parole che non dovremmo mai pronunciare nella nostra vita di coppia: la prima è la parola colpa” leggo nel prezioso libretto "Sfogliando le margherite nella coppia” della Dott.ssa Elsa Belotti.

Nella relazione a due infatti, spiega la psicologa e pedagoga che di coppie ne ha viste a migliaia, tutto succede con il contributo in ugual misura di entrambi. La maggioranza dei litigi se ne andrebbe se, afferma Elsa, di fronte a un accadimento i due si chiedessero: qual è il mio 50% in questa vicenda?

Perché sfogliare un libro di margherite? Perché i piccoli dettagli quotidiani sono come i fiori più semplici, quelli che non vediamo ma che, pagina dopo pagina, ci possono sostenere e condurre, con leggerezza, ad una profonda riflessione sia come singoli sia come coppia.

Da dove si parte?

Dal chiederci in ogni situazione: cosa ci sta succedendo e perché.

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Mi coglie di sorpresa il dialogo di Benedetto con il grande faggio preoccupato per l’edera che opprime il bosco. L’albero sussurra: «Alcuni fratelli sono soffocati al punto da non essere più riconoscibili».

Il ventiquattrenne riflette: «Non siete i soli - afferma - l’edera che si abbarbica sulle vostre cortecce cresce anche su noi umani; nel nostro caso è rappresentata dalle convenzioni familiari e sociali che stringono e co-stringono la nostra essenza individuale».

Il ragazzo decide di aiutare i verdi amici recidendo i vegetali parassiti che infestano i loro tronchi. La gratitudine del faggio si fa parola: «Il tempo che dedicherai a strappare l’edera dai miei compagni lo dedicherai a te stesso concedendoti il tempo di sentirti» perché liberare gli altri è il punto di partenza per vedere le proprie costrizioni, quelle che lentamente ci immobilizzano. 

Benedetto Magri, insieme a Sofia Mazzola, Patrizia Chirola, Sabrina Galli e Carlotta Bontempi, ha organizzato una mostra per far comprendere, con l’utilizzo della fotografia, della scultura, del colore, della parola e della musica, che esistono condizionamenti interiori che, come edere avvinghiate alla pelle, ci influenzano nelle azioni di ogni giorno.

D’altronde l’abbiamo provato tutti il fastidio di una benda troppo stretta e Benedetto, con determinazione e occhi limpidi sprofondati di cielo, si serve dell’arte per mettere in scena, insieme agli altri artisti, il sollievo di toglierci di dosso ciò che non ci appartiene.

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«Proviamo a vedere alcune ‘cose’ in chiave prosaica e poetica - racconta Stefano Piroddi che, ad un gruppo di ragazzini, aveva chiesto di cercare sul web la parola ‘stella’ - I ragazzi lessero: “Agglomerati di gas che…”.

Questa è la definizione scientifica, ma quando rivolsero il quesito a Confucio, costui disse: Le stelle? Fori nel cielo attraverso i quali filtra la luce dell’infinito».

Lo scrittore cagliaritano aveva in seguito posto loro la stessa domanda in riferimento alla parola ‘rugiada che sul web veniva descritta come “una precipitazione atmosferica in forma liquida che…” e che Jim Morrison, musicista poeta, «definì: Le lacrime di gioia di un fiore al risveglio del mattino». 

Notando che le definizioni poetiche avevano emozionato i ragazzi, Stefano aveva concluso:

«Ecco come si governa l’invisibile, andando a trovare e valorizzare il lato poetico dell’esistenza che, dal più piccolo ciuffo d'erba alla più grande e importante delle stelle dell’universo, ha in sé un lato materiale esprimibile in termini prosaici e un lato spirituale esprimibile solo in termini poetici.

La spiritualità non è la religione, ma la poesia con cui definisci te stesso in rapporto all'essenza poetica di ciò con cui ti relazioni».

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Inviato da il in VIVERE CON PASSIONE

 

Brescia, inverno 2019. «Ci sono momenti nella vita nei quali ti senti proprio a terra. Mancavano due giorni al mio settantunesimo compleanno ed ero abbattuta, ma non certo per l’avanzare dell’età; fisicamente stavo bene, avevo interessi e affetti ma, nel profondo, ero angosciata»

ricorda Giuliana sulla quale in quei giorni pesavano, oltre alla morte dell’unico fratello e dell’amica Iris, i problemi dei figli. «Stavo cercando di silenziare il mio dolore quando suonò il postino. Non aspettavo niente. Scesi al volo le scale». 

Giuliana si ritrova fra le mani una bella busta senza mittente «delle dimensioni di un libro con scritto il mio nome, il cognome da nubile e da sposata, addirittura il titolo accademico. Mi incuriosii. Il cuore batteva forte. 

All’interno c’era un album, stile anni ’50, con il disegno sulla copertina di uno sciatore stilizzato. Lo aprii.

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