Il casale toscano, con il pentolone di rame, il forno delle pizze e il cotto calpestato dal tempo, profumava di argilla e libertà. Abbracciato da tre ettari di natura prospicienti il mare, alla giovane coppia sembrò il luogo perfetto. Incendiati dall’entusiasmo i due consegnarono all’agenzia la proposta di acquisto.
«Pianteremo alberi da frutta, prepareremo marmellate, organizzeremo serate pizza e il grande paiolo sarà perfetto per cucinare mega polente» sognavano i due a occhi aperti minimizzando il fatto che, a cinque metri dalla villa, l’ex garage fosse diventato l’abitazione della figlia del proprietario che, oltre all’ostilità che nutriva nei confronti di chiunque avesse acquistato quella che ancora considerava casa sua, aveva un cane che abbaiava di continuo.
Macché, i due erano ciechi. Eppure, il giorno della visita, l’avevano ben vista la vecchia rimessa divenuta abitazione ma, accecati dall’entusiasmo, non ci avevano dato peso. Trentamila metri di libertà e, fuori dalla porta, un ringhio peloso che, al pari della sua padrona, sembrava reclamare il diritto sul bene purtroppo mangiato dai debiti.
L’idea della coppia, che sarebbe dovuta ricorrere alle banche per l’acquisto, era di pagare il mutuo con le locazioni brevi della serie: «Affittasi villa nella pace assoluta della Maremma… con vicini insidiosi e “incagnito” boxer rompi-pace».
Il disastro fu evitato da un investitore occulto che, a insaputa dell’agenzia esclusivista, aveva acquistato il casale dal proprietario il giorno prima.
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