Aforismi, brani, poesie... perché la bellezza invada il mondo.

Il blog felice
Der Blog vom Glück
The happy blog

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RAGGIUNGERE IL SOGNO

Il casale toscano, con il pentolone di rame, il forno delle pizze e il cotto calpestato dal tempo, profumava di argilla e libertà. Abbracciato da tre ettari di natura prospicienti il mare, alla giovane coppia sembrò il luogo perfetto. Incendiati dall’entusiasmo i due consegnarono all’agenzia la proposta di acquisto.

«Pianteremo alberi da frutta, prepareremo marmellate, organizzeremo serate pizza e il grande paiolo sarà perfetto per cucinare mega polente» sognavano i due a occhi aperti minimizzando il fatto che, a cinque metri dalla villa, l’ex garage fosse diventato l’abitazione della figlia del proprietario che, oltre all’ostilità che nutriva nei confronti di chiunque avesse acquistato quella che ancora considerava casa sua, aveva un cane che abbaiava di continuo.

Macché, i due erano ciechi. Eppure, il giorno della visita, l’avevano ben vista la vecchia rimessa divenuta abitazione ma, accecati dall’entusiasmo, non ci avevano dato peso. Trentamila metri di libertà e, fuori dalla porta, un ringhio peloso che, al pari della sua padrona, sembrava reclamare il diritto sul bene purtroppo mangiato dai debiti.

L’idea della coppia, che sarebbe dovuta ricorrere alle banche per l’acquisto, era di pagare il mutuo con le locazioni brevi della serie: «Affittasi villa nella pace assoluta della Maremma… con vicini insidiosi e “incagnito” boxer rompi-pace».

Il disastro fu evitato da un investitore occulto che, a insaputa dell’agenzia esclusivista, aveva acquistato il casale dal proprietario il giorno prima.

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Osservo Christian, la sua incontenibile voglia di dire al mondo che la vita è bella e che, anche quando si cade, è possibile ritrovare il sorriso.

«Mi sento volare e spesso mi trattengo perché gli altri non capiscono come sia possibile sentirsi così - racconta - Una donna una volta mi disse: è impossibile che tu sia sempre così felice. E io: se avessi vissuto quel che ho vissuto io per venticinque anni, lo saresti anche tu».

Christian, caduto nella voragine della cocaina, aveva infatti perso tutto: emozioni, sentimenti, sogni, volontà. «La coca è subdola - continua - perché non si presenta come il mostro raccapricciante che ti strangola, no, “lei” si traveste da fatina buona che può farti sentire dio in terra, cancellare ogni sofferenza, disinibirti, caricarti, ma è tutto artificiale.

Mi ero indebitato fino al collo, continuavo a scivolare sempre più giù finché ho visto due amici morire giovani. Quello è stato il punto di svolta che mi ha fatto entrare nella Comunità di Mondo X dove ho incontrato, oltre al padre fondatore, altri angeli come Bruno e Tiziana.

Dopo cinque anni e mezzo, anche se non ero pronto, e me l’avevano detto, ho voluto uscire. Era il 2012, avevo 41 anni.

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Era in dubbio nel 1940, dopo un mese di carcere, se divulgare o meno il suo diario «Libertà in prigione» lo psichiatra fondatore della Psicosintesi Roberto Assagioli, ma lo pubblicò

conscio di come le prigioni dell’esistenza riguardino tutti e di come da ognuno di noi dipenda «il far uso di ogni circostanza a scopi costruttivi per allenare e sviluppare qualche parte del proprio essere, o per preservare la serenità, o per ricavare interesse, gusto e gioia da qualsiasi cosa» scrive.

Capita infatti di trovarci in situazioni, nostre o altrui, nelle quali il mondo, d’improvviso, ci crolla addosso. O ci implode dentro. Penso a quando da sani e autosufficienti ci ritroviamo ammalati e dipendenti dagli altri, o quando eventi dolorosamente affilati ci frantumano il cuore. Di colpo siamo al muro della vita. Vuoti. Inermi. 

Eppure, quando Assagioli è stato messo in carcere accusato di attività pacifiste e internazionaliste invise al regime fascista, ha deciso di trasformare questo contrattempo della vita in un’occasione di crescita e rinnovamento interiore.

Lo scatto fondamentale, per lui, è stato capire che, seppur privato della libertà fisica, nessuno poteva privarlo della possibilità di scegliere quale valore e significato assegnare a quell’evento.

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 Arianna ha da poco sostenuto l’esame dell’unica materia per la quale è stata rimandata a settembre. La scuola la chiamerà solo in caso di bocciatura, ma la ragazza è tranquilla perché l’interrogazione è andata bene.

Eppure la telefonata arriva e la coglie in contropiede. Pugno nello stomaco e fiume di lacrime.

A seguire una seconda chiamata le annuncia che si tratta di uno scherzo. Arianna è sconvolta. Il colpo inferto ha lasciato un solco profondo.

Cinque anni dopo. Secondo anno di università (fisioterapia) e primo di tirocinio in un centro specializzato.

Per un mese e mezzo, 40 ore a settimana, la ragazza viene interrogata sul funzionamento del corpo umano e le fanno anche trattare in autonomia alcuni pazienti essendo preparata e professionale. Il centro le propone, a studi terminati, di lavorare lì. 

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«Milano fumava. Era asfalto rovente che scorreva in rivoli di sudore fra i palazzi oppressi dalla calura. L’aria si attaccava umida ai polmoni, pesando afosa nei petti stanchi (…)

Ruben, appoggiato al bancone, sorseggiava un bicchiere di menta fresca; era la sua decima estate alla bottega e non gli era mai passato per la mente di chiudere i battenti per andare in vacanza.

In fondo cos’era la vacanza? Una miglior condizione di vita, un cambio di ritmo per ricaricare le pile, ma a lui tutto questo succedeva già. Quando Ruben lavorava ad una scarpa, lo faceva con passione, curandola nei dettagli, anche quelli non visibili;

nascondeva sempre, fra suola e tomaia, una manciata di parole scritte a china, parole positive, parole che avrebbero fatto bene agli acquirenti, calpestando, insieme a loro, asfalto e terra. E talvolta fiori.

Le sue creazioni erano preghiere di cuoio marchiate di sorrisi. Quando usciva dal laboratorio amava passeggiare di notte, o al mattino presto, lungo il naviglio, ascoltando il rumore dei propri passi (…)

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