Bianca Brotto

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IMPRONTE CHE IMBRATTANO IL CUORE

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Era uno di quei giorni d’inizio autunno con il cielo un po’ confuso sul da farsi e il sole luccicoso che giocherellava con le onde della Versilia.

Il ristorante take away costruito in una serra fronte mare iniziava a riempirsi e Loretta era tornata dal bancone delle ordinazioni portandoci tre insalate di mare che ancora raccontavano l’estate.

Le chiacchiere condite di risate spaziavano dai minimi ai massimi sistemi in un apparente caos che, quel giorno, ci portò ad un punto che fece la differenza.

L’antefatto: quando Loretta era andata a ordinare due insalate di mare e un totano, essendo il totano esaurito, aveva ipotizzato di poterlo sostituire con il cous cous «ma vado a verificarlo» aveva detto e, corsa da noi, era tornata dalla ragazza che la stava servendo esclamando: «Niente cous cous ma una terza insalata».

La giovane del banco aveva obiettato affermando che l’ordine era già partito e Loretta l’aveva incendiata con lo sguardo; a parole non l’aveva trattata male, ma con il linguaggio del corpo l’aveva tramortita ottenendo peraltro subito quanto desiderato.

Sembra che questo aneddoto non abbia nulla a che vedere con il nostro pranzo all’aperto in un assolato sabato di settembre se non che, finito di dire bischerate, saltò fuori la faccenda dell’importanza di riuscire a osservare i propri atteggiamenti per rendersi conto degli effetti che producono su di noi prima ancora che sugli altri.

«È vero, l’ho appena provato - saltò su Loretta - Quando sono andata al banco…» e raccontò del suo sguardo insanguinato fra totani e cous cous. «Ora mi sento a disagio, con un peso qui - disse toccandosi il petto - Non le ho detto male parole, ma con gli occhi l’ho proprio fatta fuori e questa cosa… mi fa buio».

Grande Loretta che, calpestando il suolo della propria storia, si è accorta subito di averlo inzaccherarlo con l’istinto animale che tutti ci abita e che, se non impariamo a gestire, ci porta a insudiciare con le impronte fangose lasciate da basse emozioni e mente rigida il lastricato di marmo del nostro (e altrui) cuore.

Su quel pavimento ci siamo dall’alba al tramonto ma, iniziando a notare la sporcizia che seminiamo, possiamo passare lo straccio e ripulire i nostri passi immondi; se l’avremo combinata grossa ci saranno tracce che non riusciremo a rimediare del tutto, ma in altre zone la superficie tornerà a brillare, come nel caso di Loretta che, prima di lasciare il locale, è tornata al bancone.

Nel vederla avvicinarsi la giovane è impallidita ma, via via Loretta si scusava, il volto della banconista si rilassava fino ad aprirsi in un sorriso.

Se ci vuole così poco per riparare o almeno accarezzare un cuore offeso (quello dell’altro oltre che il nostro), perché non farlo più spesso?

Un torto subìto può metterci un’eternità per sgretolarsi da solo mentre parole e gesti riparatori sortiscono un effetto immediato che fa star bene chi li produce prima ancora di chi ne beneficia.

Che sia perché rendere felici gli altri è indispensabile per esserlo?

  
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Amo la vita, sempre, anche quando non la capisco, anche quando soffro, ancor di più quando esplodo di gioia; trovo sia un’avventura straordinaria che si rinnova ogni giorno, al sorgere del sole.


Suono di rado, ma con amore, il pianoforte e canto mentre guido. Non ho tempo per le frequentazioni sterili, ma non guardo l’orologio quando un amico ha bisogno di me; l’amicizia è un dono meraviglioso e mi ha salvato la vita.

Mi piace leggere, lasciarmi rapire dai notturni di Chopin e riempirmi con un bel film.


Adoro il fuoco, la fiamma viva, il calore che mi trasmette. Amo viaggiare e vivere le emozioni della natura, dell’arte e degli incontri inattesi. Quando posso fuggo all’isola d’Elba dove, nell’incedere lento e potente del mare, mi rigenero.



Non mi annoio mai, trovo che il semplice esistere nel presente sia entusiasmante.

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