Bianca Brotto
Diffondiamo Bellezza
TEMPERIAMO LA MATITA S-TEMPERANDO UN METRO DI VITA
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È lunedì 19 agosto, un giorno qualsiasi di una settimana qualsiasi. Valeria è appena uscita dal supermercato di Rho quando, avvicinandosi alla macchina, trova sul parabrezza un regalo.
Il primo pensiero è che si tratti di uno sbaglio e io mi chiedo: perché? Non siamo forse creature meravigliose che si meritano tutto il bene del mondo?
Se non ci sentiamo tali facciamoci qualche domanda prima di tornare da Valeria per leggere insieme a lei il biglietto incollato sul pacchetto che recita:
“Ciao, questo libro è per te! Amo leggere, odio buttare i libri e casa mia è piccola, quindi ho deciso di ‘salutarli’ così. Se non lo vuoi, per favore, non buttarlo. Lascialo su una panchina, su un’auto o in metropolitana. Magari qualcuno lo sta aspettando. Buona lettura”.
Nessuna firma né dettaglio per risalire al mittente. Valeria scarta l’involto e si ritrova fra le mani il romanzo “Una piccola lavanderia a Yeonnam” di Kim Jiyun con, in copertina, la frase: “A volte basta un gesto gentile per ritrovare la felicità”. Esatto!
Non è finita: dalle pagine spunta il disegno di un uomo dallo sguardo triste che, in piedi su di un molo con un matitone sotto braccio, tiene in mano un filo collegato ad una barchetta di carta che galleggia sull’acqua sottostante.
A lato si legge: “Te ne sei accorto, sì? Passi tutto il giorno a disegnare la barchetta ferma in mezzo al mare... e non ti butti mai?”
Punto numero uno: di quanta bellezza riluce l’anonimo donatore che confeziona e recapita con amorevolezza a persone che mai sapranno di lui una sorpresa così ben orchestrata?
Punto due: se con poco sforzo e molto cuore possiamo rendere speciale l’altrui quotidianità, perché non farlo?
“A volte basta un gesto gentile…” si legge sulla copertina del romanzo sudcoreano che, fatalità, racconta proprio il valore delle relazioni umane e dei piccoli gesti.
Punto tre: le nostre case abbondano di oggetti che possiamo ‘salutare’. Siamo abbastanza grandi per farlo? Secondo Nietzsche, infatti, è prerogativa della grandezza rendere molto felici con piccoli doni.
Punto quattro, la barchetta di carta: qual è il sogno che non ci stanchiamo di dipingere sul nostro rigo mentale? Cosa ci impedisce di tuffarci in una nuova avventura?
La paura di non reggere il ben-essere che ne potrebbe conseguire? Il timore di fallire o di affrancarci dai vecchi schemi all’interno dei quali ci siamo adagiati (e adeguati)?
Mi chiedo: noi che temperiamo di continuo la matita con la quale disegniamo ore e giorni, stiamo onorando questo nostro metro di tempo che si s-tempera veloce o siamo ancora fermi sul molo in attesa di accordarci il permesso della felicità?
Forse è ora di iniziare a darcelo magari dispensando serenità. Come? “Dona con l’anima, senza astuzia. Sii consapevole che il tuo dono sei tu stesso” dice J. Ringelnatz.
“Il tuo dono sei tu…”, parole che diventano sorriso e, un attimo dopo, dubbio: e se invece che un regalo fossimo per gli altri spine nel fianco?
Nessun giudizio, anche le spine hanno la loro ragion d’essere. Osserviamoci con simpatia mentre, ricoperti di doni o di spine, temperiamo minuti seminando chi siamo.
E amiamoci, con tutto il cuore.
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