Bianca Brotto
Diffondiamo Bellezza
CHI PIANGIAMO NON CI HA MAI LASCIATO
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In questo giorno dedicato alla commemorazione di coloro che sono già partiti per il «grande viaggio» e che immagino felici al sole su una meravigliosa isola in attesa che li raggiungiamo, le parole di Rudolf Steiner inondano il mio e nostro cuore aiutandoci a comprendere la natura del traguardo che tutti ci attende.
«Vista dal mondo fisico - afferma Steiner - la morte ha certamente molti aspetti dolorosi» perché la vediamo solo da un lato. «Quando però si è morti, la si vede dall'altro lato. Lì essa è l'evento più gratificante, più completo che si possa vivere, perché lì essa è una realtà vivente.
Ciò che conta è che noi impariamo a percepire che colui che è passato attraverso la soglia della morte, ha soltanto assunto un'altra forma di vita.
E dopo la morte si trova, per il nostro sentire, come uno che, per i casi della vita, abbia dovuto recarsi in un paese lontano nel quale noi potremo raggiungerlo solo più tardi. Cosicché noi non abbiamo altro da sopportare che un tempo di separazione.
Ma questo deve venir percepito vivamente attraverso la scienza dello spirito».
È quindi solo adoperandoci per comprendere il mondo spirituale che possiamo trovar pace e, con la nostra serenità, aiutare coloro che si sono cambiati d’abito a sganciarsi dagli attaccamenti fisici per assurgere agli stati della gioia.
Come possiamo sentirci felici per i nostri cari quando la sofferenza ci fa a brandelli? Sapere che ci sono vicini può aiutarci?
«Chi impara a conoscere la vita che l'anima umana conduce tra la morte e una nuova nascita, vedrà che nel mondo spirituale, nel quale tutti transitiamo quando siamo nello stato di sonno, noi viviamo in comunità con i cosiddetti defunti» dai quali «non siamo separati diversamente da come, nel sonno, siamo separati dagli oggetti che ci circondano.
Di fatto, quando dormiamo in una camera, non vediamo né le seggiole né altri oggetti che sono presenti nella camera stessa, eppure ci sono.
Nel cosiddetto stato di veglia, noi «dormiamo» in mezzo ai cosiddetti defunti anche se non chiamiamo «sonno» quel nostro stato e non avvertiamo la loro presenza, così come non avvertiamo quella degli oggetti che ci circondano quando siamo immersi nel sonno notturno».
È quindi il nostro livello di coscienza che ci fa credere separati ma, nella realtà, coloro che ci hanno lasciato non hanno cessato di esserci; sono i nostri occhi che hanno cessato di vederli. Loro sono qui.
Non solo. Secondo il teosofo austriaco possiamo anche comunicare e i momenti migliori sono quando ci addormentiamo, e possiamo porre domande, e al risveglio, quando le risposte ci arrivano da dentro sotto forma di sogni, pensieri, intuizioni.
Sapere che chi piangiamo è vivo non ci evita il dolore, ma la disperazione, quella sì. Ascoltiamo dunque, con la voce di chi tanto ci manca, un estratto delle parole di Henry Scott Holland: «La morte non è niente. Sono solamente nella stanza accanto.
Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Parlami nello stesso modo, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere.
Prega, sorridi, pensami. Non sono lontano. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace».
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