Bianca Brotto
Diffondiamo Bellezza
QUEL CALCIO DI RIGORE E LA PIÙ BELLA PARTITA MAI GIOCATA
- Font size: Larger Smaller
- Hits: 524
- 0 Comments
- Subscribe to this entry
- Bookmark
Ti leggo l'articolo (vai in fondo)
Alla festa della scuola intervenne il padre di un ragazzo con disabilità fisiche e mentali. Iniziò interrogandosi sull’ordine e sull’armonia che si manifestano in natura quando nessuno ne disturba l’equilibrio e, traslando poi sul figlio, si chiese: «Herbert non impara come gli altri. Non capisce come loro. Dove si trova l’ordine naturale delle cose nel suo caso?». Il silenzio calò sulla platea.
L’uomo proseguì: «Quando nasce un bambino come Herbert, il mondo riceve una rara opportunità: quella di mostrare la vera essenza dell’animo umano che si rivela nel modo in cui gli altri accolgono e trattano la diversità».
L’uomo continua raccontando sul web un episodio indimenticabile: «Era estate. Stavo passeggiando con Herbert vicino a un campo dove alcuni ragazzi giocavano a calcio. Herbert mi chiese: secondo te mi farebbero giocare con loro?».
Fu un attimo. Nel padre si accese una speranza talmente coraggiosa da farlo dirigere subito verso uno dei giocatori per porre la domanda. «Il ragazzo guardò gli amici, esitò, poi disse: stiamo perdendo tre a zero, mancano dieci minuti alla fine. Va bene, può unirsi a noi. Gli faremo tirare un rigore».
Herbert, raggiante, corse verso la panchina e indossò la maglia della squadra mentre gli occhi lucidi di suo padre osservavano la scena.
Per nove minuti Herbert rimase a bordo campo con il cuore gonfio di sorrisi. A sessanta secondi dalla fine la sua squadra ottenne un rigore. Il capitano si voltò verso Herbert e gli fece il cenno del «tocca a te».
Herbert, stringendo il pallone tra le mani, si avvicinò al punto di lancio con passo incerto. Il portiere comprese e, quando il ragazzo colpì piano il pallone, si buttò dal lato opposto. La palla entrò lentamente in porta. Gol!
Il boato esplose fra i compagni di squadra che corsero da Herbert, lo abbracciarono e sollevarono festeggiando come se quel gol avesse sancito la vittoria dei mondiali.
«Non dimenticherò mai il rientro a casa di Herbert che raccontò subito il gol più bello della sua vita a mia moglie e lei che, piangendo di felicità, lo abbracciava a più non posso».
L’uomo, con la voce rotta dalla commozione, concluse: «Quel giorno un gruppo di ragazzi si accordò non per vincere una partita, ma per regalare al mondo una lezione di gentilezza, umanità, amore».
Fu l’ultima estate di Herbert che quell’inverno se ne andò insieme al ricordo del suo giorno da eroe.
Questa storia ci mostra come un semplice cambio di prospettiva possa trasformare l’ignorare chi non è sufficientemente performante agli occhi della società, nell’opportunità di mostrare al mondo la vera essenza del nostro animo in grado di accogliere le diversità altrui.
Mi chiedo: è disabile chi non può usare gli arti o chi, dotato di cervello e cuore funzionanti, non li usa nei confronti dei meno fortunati per paura di perdere tempo e privilegi personali?
Ezio Bosso diceva: «Sono un uomo con una disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con una disabilità che non si vede».
Quelli siamo noi allorché, innanzi alle difficoltà altrui, non captiamo la chiamata in campo della vita per farci tirare quel rigore memorabile che resterà indelebile nel cuore nostro e altrui. Fino all’ultimo respiro.
LETTURA ARTICOLO: QUI
NUOVO LIBRO ARTICOLI
2020 - 2024: LINK
#3maggio2025
#GiornaleDiBrescia
LEGGI GLI ALTRI ARTICOLI