Bianca Brotto
Diffondiamo Bellezza
E SE FOSSIMO NOI QUEL FICO?
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Terry si è rotta il femore. Perfetto.
Siamo infatti qui per godere di ogni istante, in modo particolare nell’autunno del nostro cammino quando, con l’inverno inesorabile alle porte, non possiamo rischiare di morire senza aver vissuto bene.
Come si fa? «Non essere sempre centrati sulla gestione della paura e dell’autodifesa per via degli orrori che il mondo ci scarica addosso - dice Don Rinaldo Bellini - ma spendere talmente bene il nostro tempo, da farci trovare costantemente intenti a vivere e non a sopravvivere così che, quando la morte arriverà, possa non sorprenderci».
L’importante è non peccare, cioè non «mancare il bersaglio» dell’esistenza che, in ultima analisi, è non riuscire a percepire l’amore (da a-mors, assenza di morte) nel quale siamo immersi.
Il nostro tesoro, infatti, è proprio ciò che ci rotola addosso ogni giorno anche quando la paura o la sofferenza non ce lo fanno percepire come tale.
Se ne siamo consapevoli ringraziamo sempre per tutto (vista, udito, un tetto sulla testa, un frutto, un sorriso e magari anche un femore spezzato) perché, in assenza di gratitudine e quindi di consapevolezza, ci taglieranno come nella parabola del fico sterile che simboleggia l’ingrato vivere di chi non genera frutti.
Se non portiamo bellezza in questo mondo, infatti, cosa ci stiamo a fare?
«Taglialo», dice il padrone del campo guardando l'albero inutile in mezzo alla vigna mentre la misericordia cristica invoca per noi zappa e concime come ultimo tentativo.
E se oggi fossimo noi quel fico al quale è stata data l’ultima possibilità prima di venire segato e carbonizzato?
«Morire è sempre una tragedia, siamo fatti per la vita - conclude Don Rinaldo - ma la vera tragedia non è morire, ma morire senza aver vissuto bene quello che ci è stato dato da vivere».
Per questo la frattura del femore di Terry è perfetta. La donna non stava affatto bene. Da anni era sotto pressione spendendosi come volontaria a destra e a manca. Soffriva la mancanza di tempo per sé, ma non aveva il coraggio di ammetterlo.
Terry sopravviveva e, non dandosi il permesso della felicità, invece di fichi produceva stress.
Ecco allora che zappa e concime (femore rotto) le hanno regalato il tempo che le mancava, restituendole la vita; tutti gli impegni sono svaniti all’istante e, magia, pressione alta, cuore ballerino e insonnia si sono risolti. Il sistema corpo si è registrato da solo e io mi chiedo: dobbiamo per forza arrivare a questo punto?
Sì, se ci ostiniamo a non prenderci cura di noi. Sì, se scegliamo di non verbalizzare ciò che ci disturba. Sì se, invece che accettare quanto ci succede come il miglior concime disponibile sul mercato, continuiamo a lamentarci per la puzza che emana senza far nulla.
Io sono un fico sterile o fruttifero?
Mentre viaggiamo alla scoperta di chi siamo, accettiamo il nostro essere alberi carichi di frutti o prossimi al taglio perché, comunque vada, è così che la perfezione della vita ci sta parlando.
A questo proposito mi piace la definizione di perfezione che dà Churchill: non assenza di difetti, femore sano, lavoro ideale ma «avere il coraggio di cambiare. Cambiare spesso».
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